Il Macchi C.205V (C dal cognome del progettista, ingegner Mario Castoldi e V come Veltro, il nome assegnato) fu un aereo da caccia monomotore monoplano ad ala bassa interamente metallico, realizzato nella prima metà degli anni quaranta dall'azienda italiana Aeronautica Macchi.
Evoluzione del Macchi C.202 Folgore di cui conservava inalterata gran parte della cellula e degli equipaggiamenti ma dotato del più potente motore Daimler-Benz DB 605A, entrò in servizio nell'aprile del 1943 e fu il primo caccia italiano a portare in combattimento i cannoni calibro 20 mm, dotando la Regia Aeronautica di un velivolo in grado di confrontarsi alla pari con gli avversari contemporanei, pur in condizioni di schiacciante inferiorità numerica.
Alcuni esemplari furono utilizzati dalla Luftwaffe e dall'Aeronautica militare dello Stato Indipendente di Croazia. Dopo l'armistizio fu impiegato sia dall'Aeronautica Cobelligerante sia dall'Aeronautica Nazionale Repubblicana. Nel dopoguerra un piccolo lotto fu esportato in Egitto, prestando servizio nell'aeronautica di quel paese e partecipando alle fasi finali del primo conflitto arabo-israeliano del 1948.
I principali assi dell'aviazione italiana, tra i quali Adriano Visconti e Luigi Gorrini, conseguirono molte delle loro vittorie con l'M.C.205 Veltro
1. Storia del progetto
L'introduzione in servizio del Macchi C.202 nei reparti della Regia Aeronautica, iniziata nell'estate del 1941, costituì un evidente salto di qualità rispetto al materiale di volo allora in servizio rappresentato da Fiat C.R.42, Macchi C.200 e Fiat G.50.
Lo Stato maggiore della Regia Aeronautica aveva comunque iniziato a esaminare la possibilità di una nuova generazione di aerei da caccia che, in virtù della maggiore potenza installata, fossero in grado di assicurare prestazioni elevate anche in presenza di un incremento di peso generato da una variazione nell'armamento, che doveva essere costituito da cannoni, e nell'equipaggiamento disponibile.
In vista dell'acquisizione da parte del Ministero dell'Aeronautica della licenza di costruzione del motore Daimler-Benz DB 605A, l'ingegner Mario Castoldi (capo progettista della Macchi) iniziò a lavorare su due diversi progetti: uno, di sviluppo più lungo, denominato M.C.205N e destinato a partecipare al concorso ministeriale per i nuovi caccia della cosiddetta Serie 5, l'altro di più immediata realizzazione denominato inizialmente M.C.202 bis che prevedeva l'installazione del più potente motore Daimler Benz 605A sulla cellula dell'M.C.202 Folgore. La Macchi s'impegnava a consegnare il primo velivolo dopo soli tre mesi dalla consegna del motore.
Dopo l'autorizzazione a procedere da parte del Ministero, il 16 dicembre 1941 fu dato ufficialmente l'avvio al programma M.C.202 bis, presto ribattezzato M.C.205V Veltro, con due lettere di commessa alla Macchi per cento esemplari (Serie I, M.M. 9287-9386) e alla FIAT per trecento esemplari (Serie II, M.M.90050-90349). A favore dell'M.C.205V giocava la possibilità per la Regia Aeronautica di avere disponibile in tempi brevi una macchina con prestazioni superiori, potendo coinvolgere nel programma le grandi capacità produttive della FIAT, già impegnata nella costruzione su licenza del motore tedesco.
Con l'arrivo dei primi motori Daimler Benz 605A dalla Germania, avvenuto nel febbraio 1942, e l'avvio della costruzione su licenza dello stesso presso gli stabilimenti FIAT con la denominazione di RA.1050 RC 58 Tifone, l'ingegner Castoldi procedette alla realizzazione del primo prototipo dell'M.C.205V. Le modifiche necessarie ad accogliere il nuovo propulsore furono realizzate su un esemplare di M.C.202 della IX Serie, prelevato direttamente dalla linea produttiva.
Il 19 aprile 1942, il primo M.C.202 con il nuovo propulsore effettuò il primo volo dalla pista di Lonate Pozzolo alla guida del collaudatore della Macchi Guido Carestiato. Il 10 maggio l'esemplare fu trasferito a Guidonia Montecelio, presso il Centro Sperimentale, per le prove di volo contrattuali. In una di queste l'M.C.205V raggiunse la velocità di 646 km/h a 8000 m di quota. Esteriormente le differenze rispetto all'M.C.202 erano minime: cambiava l'ogiva dell'elica, di dimensioni maggiori per accogliere il più ingombrante riduttore dell'elica Piaggio P2001, il carrello posteriore diventava retrattile e il radiatore dell'olio era sdoppiato assumendo la caratteristica forma "a barilotto".
I nuovi M.C.205 uscirono direttamente dalla linea di produzione dell'M.C.202. Il secondo prototipo (M.M. 9488) volò il 19 agosto 1942 e i collaudi di entrambi i prototipi del Veltro furono pienamente soddisfacenti, anche in virtù della grande affinità con il loro predecessore. La Regia Aeronautica possedeva ora un moderno intercettore "di transizione", capace di confrontarsi alla pari con i caccia avversari a basse e medie altitudini in attesa che si concludesse il concorso per i caccia della Serie 5.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi all'incremento dell'armamento, l'aumento della potenza disponibile permise d'installare fin da subito sui Veltro Serie I una mitragliatrice Breda-SAFAT da 7,7 mm su entrambe le semiali, armi in seguito sostituite, a partire dalla Serie III, da due cannoni da 20 mm per la cui disponibilità comunque fu necessario attendere l'arrivo della fornitura dalla Germania, a causa dell'inesistenza di armi di tale calibro per l'impiego aereo sviluppate in Italia.
L'installazione di un cannone da 20 mm tra le bancate dei cilindri del motore, anche se oggetto di studio, fu presto scartata perché l'alloggiamento della culatta e delle munizioni avrebbe comportato la progettazione ex-novo della fusoliera.
Grazie alla possibilità di utilizzare la maggior parte dei componenti dell'M.C.202, la Macchi fu in grado di varare con rapidità la produzione del nuovo velivolo e, a soli sei mesi dal volo del primo prototipo, la ditta era in grado di consegnare i primi velivoli della serie di cento esemplari. Gli esemplari di serie risultarono leggermente più pesanti di 40 kg, ma fornirono comunque prestazioni di volo solo di poco inferiori a quelle dei prototipi. Dai due esemplari costruiti e collaudati nel novembre 1942, la produzione passò ai venti esemplari usciti dalle officine varesine nel marzo 1943.
Mentre erano ancora in corso le valutazioni per designare il vincitore del concorso per i caccia della Serie 5 tra Fiat G.55, risultato poi vittorioso, e il Reggiane Re.2005, in previsione dell'avvio della produzione dell'M.C.205 anche presso gli stabilimenti FIAT, il primo esemplare della serie fu trasferito il 29 ottobre 1942 a Torino per costituire l'esemplare di riferimento per la riproduzione in serie a cura della ditta torinese.
La FIAT, inizialmente, fu riluttante ad avviare la commessa per la produzione della Serie II in quanto più interessata alla costruzione del proprio G.55 finché, a lungo sollecitata dallo Stato maggiore, acconsentì finalmente ad avviare l'allestimento delle attrezzature di produzione. Tuttavia il bombardamento strategico operato dai bombardieri della britannica Royal Air Force sugli stabilimenti di Torino nei giorni 9, 10 e 12 dicembre 1942 distrusse completamente le attrezzature destinate alla produzione dell'M.C.205, ponendo fine all'iniziativa.
Intanto i primi M.C.205V di produzione Macchi iniziavano a giungere ai reparti. I primi a riceverli furono i piloti del 1º Stormo di base a Pantelleria. La 71ª Squadriglia del17º Gruppo ricevette i primi tre M.C.205V il 6 febbraio 1943.
Completata la Serie I ai primi di giugno del 1943, la Macchi diede avvio alla produzione della Serie III, armata con i cannoni da 20 mm e due attacchi subalari per serbatoi supplementari. Prima dell'8 settembre ne furono prodotti settanta esemplari, molti dei quali però rimasero presso la fabbrica in attesa dei componenti necessari al loro completamento.
Nei mesi successivi le consegne ai reparti dislocati in Sicilia continuarono con una certa regolarità in previsione dell'oramai imminente sbarco alleato sull'isola.
2. Tecnica
Cellula
Il Macchi C.205 era un caccia monoplano, monoposto, monomotore a carrello retrattile, con struttura completamente metallica, diretta evoluzione del Macchi C.202 da cui differiva per il gruppo motopropulsore, per le modifiche apportate alla cappottatura motore, per lo spostamento della presa Venturi e altri interventi che riguardavano il carrello principale e la strumentazione di bordo.
L'ala, sostanzialmente identica a quella del Macchi C.202 Serie VII o Serie IX, era a sbalzo su profili biconvessi asimmetrici di spessore e corda decrescenti verso l'esterno, derivati dal profilo NACA 23018 alla radice e NACA 23009 all'estremità e aveva, caratteristica di tutti i caccia progettati dall'ingegner Castoldi, le semiali di diversa apertura: la semiala destra, infatti, arrivava a 4,32 metri ed era più corta di 0,20 metri rispetto alla semiala di sinistra (4,52 metri). Tale asimmetria aveva lo scopo di compensare per quanto possibile la coppia di reazione dell'elica. Strutturalmente, l'ala del Macchi era di tipo bilongherone su cinquantaquattrocentine ed era suddivisa in tre parti: il pianetto centrale, solidale con la fusoliera, e le due semiali. Il bordo d'attacco delle semiali, nella sezione esterna a quella in corrispondenza delle gambe del carrello, era completamente asportabile e collegato al longherone anteriore mediante viti. Il bordo d'uscita era occupato dagli ipersostentatori, di tipo a spacco, e dagli alettoni, compensati aerodinamicamente.
Longheroni e centine, suddivise a loro volta in becchi e code di centina, avevano una struttura "a traliccio" molto robusta ma dispendiosa in termini di ore di manodopera necessaria alla loro costruzione. Il rivestimento per l'intera superficie era in duralluminio, noto anche come Superavional, a eccezione degli alettoni rivestiti in tela. Le semiali erano collegate al pianetto centrale tramite attacchi "a pettine"; ogni semiala era dotata di attacchi subalari per trasportare carichi (bombe, spezzoni, serbatoi ausiliari) fino a un peso complessivo di 320 kg.
Gli impennaggi avevano pianta quasi ellittica, su struttura bilongherone e rivestimento metallico per le parti fisse mentre le parti mobili erano rivestite in tela. Lo stabilizzatore era a calettamento regolabile in volo, tra -5°30' e 1°45'. Il timone era compensato aerodinamicamente mediante becco d'estremità e la stessa tecnica era usata per l'equilibratore, dotato anche di contrappesatura. Alettoni e timone non erano contrappesati e questa deficienza comportò il manifestarsi di fenomeni aeroelastici durante il volo alle massime velocità, erroneamente attribuiti a fenomeni di comprimibilità.
La fusoliera, di sezione ovale, era costituita da una struttura a semiguscio, su quattro longheroni in duralluminio con sezione a "U", numerosi correntini longitudinali e un totale di diciannove ordinate. Il rivestimento lavorante era costituito da lamiera in lega di alluminioSuperavional di spessore compreso tra 0,50 e 0,75 mm.
La prima ordinata, in corrispondenza del longherone anteriore dell'ala, portava anche i quattro attacchi del castello motore e fungeva da paratia parafiamma. Gli attacchi superiori si trovavano sull'ordinata in corrispondenza dei due longheroni superiori della fusoliera, mentre quelli inferiori erano in corrispondenza del longherone del pianetto centrale delle semiali. All'esterno della parte anteriore della fusoliera, sul lato sinistro, era situata la presa d'aria tropicalizzata dotata di filtri antisabbia Tipo A.S. ("Africa Settentrionale") del turbocompressore del motore e i due radiatori dell'olio con la tipica forma a barilotto.
Il carrello, del tipo triciclo posteriore, aveva le gambe principali che si ritraevano verso la mezzeria del velivolo; gli elementi principali erano dotati di ammortizzatori oleopneumatici. Il ruotino posteriore era del tipo semiretrattile mediante comando idraulico collegato allo stesso comando del carrello anteriore. L'ampia carreggiata del carrello e la sua robustezza consentivano al Macchi C.205 l'impiego anche su superfici semipreparate. Un punto debole del carrello d'atterraggio era la mancanza di un dispositivo di blocco meccanico nella posizione estratta, con il rischio d'incorrere in seri problemi nel caso di perdite del fluido idraulico del circuito che comandava l'estrazione delle gambe del carrello principale. La posizione assunta dal carrello era fornita al pilota da un indicatore meccanico, da uno elettrico e da uno acustico, i primi due posizionati sul cruscotto.
Il posto di pilotaggio, di dimensioni piuttosto ridotte, dotato di parabrezza con trasparente anteriore in blindovetro del tipo "VIS 1" e tettuccio incernierato sulla destra per consentire l'accesso del pilota, era munito di seggiolino regolabile in altezza e protetto da corazzatura. La visibilità era buona in volo ma problematica a terra per via del lungo muso. Al di sotto dell'abitacolo era situato il radiatore del liquido del circuito di raffreddamento del motore, che era perfettamente uguale, nelle dimensioni, a quello installato sul Folgore.
Motore
L'apparato propulsore era costituito da un motore Daimler-Benz DB 605 A-1 costruito su licenza dalla FIAT con la denominazione FIAT RA.1050 RC. 58 "Tifone". Si trattava di un propulsore con dodici cilindri a V invertito di 60°, alimentazione a iniezione, raffreddato a liquido e capace di sviluppare una potenza di 1 475 cavalli vapore (1 085 kW) a 2 800 giri al minuto, al decollo. Il motore era dotato di avviamento elettrico, riduttore e compressore per il ristabilimento della potenza in quota a 5 800 metri dove erogava la potenza di 1 355 cavalli vapore (997 kW) a 2 800 giri al minuto.
Il motore azionava un'elica tripala metallica tipo Piaggio P.2001 del diametro di 3,05 m a giri costanti e passo variabile in volo mediante comando elettro-meccanico.
Sistemi e impianti
Il combustibile tipo Avio B.4 da 95-100 ottani era contenuto in quattro serbatoi. Il principale da 270 litri era situato all'interno del pianetto centrale, altri due da 40 litri erano disposti ai lati del serbatoio principale e, infine, un serbatoio da 83 litri trovava posto alle spalle del pilota. Tutti i serbatoi erano protetti da rivestimento "SEMAPE" capace di chiudere i fori dei proiettili fino a un calibro di 12,7 mm.
Il Macchi C.205V disponeva di un impianto ricetrasmittente del tipo Allocchio-Bacchini B.30, con antenna del tipo a stilo. Negli esemplari in servizio nell'Aeronautica Cobelligerante tale apparato fu sostituito in seguito da un più efficiente modello T.R.5043 di fabbricazione statunitense.
Era prevista l'installazione di un radiogoniometro RG.42 sotto la fusoliera e, sugli ultimi esemplari prodotti, di un IFF tipo DSSE Argo o Lorenz FuG 25a Esrtling compatibile con i radar di scoperta GEMA FuGM80 Frenya delle stazioni di avvistamento della Luftwaffe. Il collimatore a riflessione era un San Giorgio tipo C con mirini a visuale libera. I Macchi C.205 dell'ANR montarono anche equipaggiamenti tedeschi come, ad esempio, il collimatore Revi C/12. Il cruscotto era realizzato in tre varianti, una per la Serie I e due per la Serie III con modifiche connesse alle variazioni dell'armamento. Alle spalle del pilota trovavano posto le bombole dell'impianto pneumatico e dell'impianto idraulico.
Armamento
L'armamento era costituito da due mitragliatrici Breda-SAFAT calibro 12,7 mm, appaiate in caccia con tiro sincronizzato attraverso il disco dell'elica e con 370 proiettili per arma, e due Breda-SAFAT calibro 7,7 mm alari con 500 munizioni per arma. A partire dalla Serie III, le mitragliatici alari furono sostituite da due cannoni Mauser MG 151/20A da20 mm, con 250 colpi per arma.
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